La cifra potrebbe essere sottostimata. Gli USA pagano la NON protezione del lavoro.
Qualche osservatore la definisce già come sconfitta del “Trumpismo”. Il liberismo “aperto” proposto dal Presidente americano scricchiola notevolmente sotto gli effetti della realtà.
Non si può neppure sostenere che l’effetto del virus sia l’unica causa di questo grave impasse: i dati erano già preoccupanti da tempo. La politica di Donald Trump, incentrata tutta sui benefici interni dell’economia sta facendo acqua proprio all’interno del paese.
Semmai l’avvento del covid-19 ha accelerato un processo già in atto e ha messo allo scoperto le lacune del sistema. Solo nell’ultima settimana, e ciò a causa del contagio, i disoccupati sono aumentati di 3,2 milioni di unità. Segno evidente della ripercussione di una legislazione che tiene poco conto dei diritti dei lavoratori.
Come a sua volta aveva fallito il socialismo reale, cade anche il mito del liberismo. Dinnanzi a fatti come questi non si può certo invocare alcuna giustificazione. Se uno Stato, o meglio un sistema, non è in grado di far fronte a necessità (anche se impreviste), e paga amaramente anche perché già in condizioni di sofferenza pregresse, deve ammettere l’inefficienza.
Queste logiche portano alla ribalta una ridiscussione dei sistemi economici. Una sorta di catarsi che deve indurre a pensare che gli equilibri economici e sociali sono divenuti così delicati che ogni scelta perentoria li può far saltare.
Una “via mediana”
La costruzione di una “via mediana” richiede molto tempo, ma soprattutto tanta maturità da parte dei cittadini. Oltre a una preparazione tecnico pratica che onestamente non si intravvede nei politici attuali, anche a livello mondiale.
Viviamo un momento in cui si privilegia, anche da parte degli elettori, chi propone le manovre brusche. Siamo figli di una concezione del “tutto e subito” che non solo non porta il “bene”, ma non è neppure possibile iniziare ad attuare.
Manca quel senso dello Stato che fa rinunciare a piccoli privilegi personali di fronte a grandi vantaggi per la collettività. Lo stesso spirito con cui si va a votare non è pervaso dalla ricerca del bene comune, ma nella maggior parte dei casi dalla convenienza personale.
La prima denuncia del fallimento a cui sarebbero stati destinati socialismo e liberismo arrivò da Papa Giovanni Paolo II, il quale è passato alla storia più per la caduta del muro di Berlino che per le sue altrettanto pesanti accuse al sistema liberista selvaggio.
La ricerca di questa ipotetica “via mediana” viene però osteggiata di fatto dalla contrapposizione che i politici a 360° mettono in atto con affermazioni demagogiche. Un sistema per spaccare l’opinione pubblica e far primeggiare la “casta” dei politici che è ormai sempre più lontana dalle esigenze del popolo.
Ecco perché, aldilà dei ritorni economici che porterebbe, sarebbe utile un ridimensionamento della rappresentanza parlamentare. Non si tradurrebbe in una limitazione della libertà di rappresentanza, proprio perché sappiamo che i politici non sono più vicini al territorio. Sarebbe al contrario un modo per limitare i problemi creati da una classe privilegiata che ha ormai in molti casi un potere “distorto”.
Chissà che questa pandemia, oltre a tutti gli effetti catastrofici, non porti anche motivi di riflessione per “ripensare” il potere e la democrazia.